A cura di: Dr. Klodian Naci
“La musica è in grado di modulare l’umore di una persona in diverse circostanze nell’arco della vita: influisce in maniera rilevante nel contesto quotidiano e, in una prospettiva più ampia, ha il potere di promuovere la salute fisica e psicologica e il benessere all’interno dei setting clinici.”
«Vista con il freddo occhio del fisico, un evento musicale è solo una raccolta di suoni di varia altezza, durata, e altre qualità misurabili. In qualche modo, la mente umana attribuisce a questi suoni un significato. Essi diventano simboli per qualcos’altro che va al di là del puro suono, qualcosa che induce a piangere o a ridere, che piace o dispiace, che commuove o lascia indifferenti.» Sloboda (2001).
Questa citazione racchiude una riflessione molto ampia in merito alle potenzialità della musica: perché la musica provoca emozioni e come essa possa essere giudicata positivamente o negativamente e perché per alcuni un andamento musicale lento porta alla calma, alla riflessione, alla meditazione, e per altri può essere noioso. Oppure perché un ritmo veloce induce all’attivazione del corpo piuttosto che alla passività dello stesso. Tutto ciò si può ricondurre alla cultura musicale (Sloboda, 2001) che ognuno di noi possiede. Grazie a questa cultura, fatta propria secondo il contesto in cui si cresce, la nostra mente ha costruito un’infinità di collegamenti, una rete che supporta costantemente ogni nostra decisione e ogni nostro giudizio: ragioniamo, valutiamo e valorizziamo la musica, e non solo, secondo canoni propri della cultura in cui siamo cresciuti.
Fin dai tempi più antichi alla musica è stato riconosciuto un potere straordinario. In nessuna cultura, presente o passata, manca la musica (Huron, 2001; Sloboda e Juslin, 2001). Il valore attribuito in misura maggiore ricopre la sfera emotiva. La musica rappresenta una forma dinamica di emozione (Dowling e Harwood, 1986; Helmholtz, 1863/1954; Langer, 1951) e il trasmettere emozioni è considerata l’essenza stessa della musica (Meyer, 1956; Nietzsche, 1871/1993). In questo risiede il motivo principale per cui molte persone si affidano ad essa e impegnano una grande quantità di tempo ascoltandola (Juslin e Sloboda, 2001).
La musica, dunque, è in grado di modulare l’umore di una persona in diverse circostanze nell’arco della vita: influisce in maniera rilevante nel contesto quotidiano e, in una prospettiva più ampia, ha il potere di promuovere la salute fisica e psicologica e il benessere all’interno dei setting clinici. Questi effetti coinvolgono una varietà di fattori interdipendenti – che vanno dalle caratteristiche individuali quali i tratti di personalità, il temperamento etc. ai substrati neurochimici che modulano l’effetto della musica – tali da poter considerare la musica come uno strumento terapeutico, come medicina. Un’affermazione così forte richiede necessariamente delle precisazioni più approfondite e nonostante la ricerca scientifica in merito a tali questioni sia ancora agli inizi, sono stati individuati dei sistemi neurochimici fondamentali in alcuni processi psicologici alla base della vita, dell’adattamento e, più in generale, della sopravvivenza individuale. I risultati raggiunti fin ora non possono essere generalizzati, ma meritano una complessa analisi tale da fornire nuovi spunti interpretativi.
RAPPORTO TRA DIMENSIONE SONORA, PSICOLOGICA E FISIOLOGICA
La musica, anche nelle sue forme più semplici ed elementari, evoca stati d’animo, emozioni, sensazioni, ricordi. Al contrario del linguaggio verbale che tende nella formazione di un simbolo a unire significante e significato in modo diretto e in modo chiaro, nella musica l’emissione di senso avviene in modo anomalo e ambiguo. La codifica del messaggio musicale da parte del compositore non prevede una decodifica all’ascolto prevedibile e semanticamente certa, ma, al contrario, tale decodifica avviene in fase di ricezione su elementi astratti, vaghi e pluristratificati. Questa riflessione ci conduce a mettere in primo piano numerosi fattori, quali la recettività fisica, l’innata o acquisita sensibilità musicale, i condizionamenti dovuti all’ambiente, alla cultura e a fattori non musicali, nonché ai numerosi significati inconsci che ciascun suono, sistema di suoni o brano musicale può rappresentare in relazione con le vicende emotive di ciascun individuo, fin dall’età infantile e nel corso dell’intera vita. Chi ritiene che un insieme di suoni organizzati possieda la capacità di stimolare nell’essere umano (e non solo) la trasformazione di ritmi biologici, fisici e psicologici, ovvero che sia in grado di stimolare una qualche forma di risposta, deve innanzitutto porsi il problema di come la musica veicoli tali informazioni e su quali basi si fondi questa sua comunicatività. È scientificamente provato infatti che il suono è in grado di riportare alla memoria particolari vissuti, anche inconsci, che consentono una sorta di regressione giungendo al ricordo di situazioni traumatizzanti che erano state rimosse, o periodi della vita caratterizzati da piacevolezza (Michel Imberty e Fernando Dogana, 2003). La regressione costituisce un meccanismo di difesa dell’Io ed è una delle proprietà fondamentali della Musicoterapia (Benenzon, 1995). – La Musicoterapia è una modalità di approccio alla persona che utilizza la musica o il suono come strumento di comunicazione non verbale, per intervenire a livello educativo, riabilitativo o terapeutico, in una varietà di condizioni patologiche e fisiologiche.
Nel rapporto uomo/ambiente entrano in gioco schemi di risposte cognitive ed emozioni che vengono utilizzate dalla Musicoterapia verso la direzione della costruzione di relazioni comunicative, attuando il riconoscimento della dimensione dinamica insita nel rapporto tra componente sonora ed elementi relazionali. Tale rapporto è in grado di innescare nell’individuo risposte di carattere sia psicologico che fisiologico, che nascono da ciò che è già riposto nell’individuo e che viene rivelato proprio attraverso l’esperienza musicale. Grazie a questa stimolazione veniamo messi a contatto con le dinamiche più nascoste della nostra vita emotiva e psicologica.
La musica, fra tutte le arti, è quella che più direttamente si rivolge alla sensibilità, e più di ogni altra sembra consentire all’individuo di immergersi in uno stato di rapimento o di modificazione della coscienza.
Nel rapporto uomo/ambiente entrano in gioco schemi di risposte cognitive ed emozioni che vengono utilizzate dalla Musicoterapia verso la direzione della costruzione di relazioni comunicative, attuando il riconoscimento della dimensione dinamica insita nel rapporto tra componente sonora ed elementi relazionali. Tale rapporto è in grado di innescare nell’individuo risposte di carattere sia psicologico che fisiologico, che nascono da ciò che è già riposto nell’individuo e che viene rivelato proprio attraverso l’esperienza musicale. Grazie a questa stimolazione veniamo messi a contatto con le dinamiche più nascoste della nostra vita emotiva e psicologica.
La musica, fra tutte le arti, è quella che più direttamente si rivolge alla sensibilità, e più di ogni altra sembra consentire all’individuo di immergersi in uno stato di rapimento o di modificazione della coscienza.
NEUROCHIMICA DELLA MUSICA
La letteratura scientifica che tenta di rispondere ad alcuni interrogativi sugli effetti della musica a livello cerebrale prende in esame i processi coinvolti in una serie di comportamenti e risposte fisiologiche atti a preservare la sopravvivenza dell’individuo. Ascoltare la musica non è un’azione fine a se stessa: oltre a suscitare un enorme spettro di emozioni, dall’euforia al rilassamento, dalla gioia alla tristezza, dalla paura al conforto, e anche combinazioni di queste, evoca delle risposte fisiche (Panksepp, 1995) che possono tradursi nell’avere ‘’la pelle d’oca’’, provare brividi, sperimentare cambiamenti della frequenza cardiaca. Sono stati individuati dei sistemi che mediano le risposte implicate nei seguenti domini: ricompensa, motivazione e piacere; stress e arousal; immunità; affiliazione sociale. Ad ognuno di questi corrispondono degli specifici sottosistemi cognitivi e circuiti neurali che operano parallelamente al fine di indirizzare la rielaborazione musicale, rispettivamente: dopamina e oppioidi; cortisolo, ormone rilasciante corticotropina (CRH) e ormone adrenocorticotropico (ACTH); serotonina, i derivati peptidici della pro-opiomelanocortina (POMC), inclusi l’ormone melanocita stimolante e beta endorfine; ossitocina.
La Ricompensa è un costrutto complesso che include stati motivazionali, predizione, comportamenti mirati, apprendimento per rinforzo, e stati edonici. La musica è al pari di altre ricompense, incluso cibo, sesso, droghe e abusi di sostanze, o è una cosa diversa? La musica ha il contrassegno di uno stimolo gratificante, inclusa l’abilità a motivare un individuo a imparare e impegnarsi in comportamenti mirati ad ottenere sensazioni piacevoli? La musica realizza questo effetto attraverso una rete neurale simile a quella di un altro stimolo gratificante? Le persone affermano che l’impatto emotivo e la regolazione emotiva sono due dei motivi per i quali ascoltano la musica. La musica può produrre sensazioni di intenso piacere o euforia in chi ascolta, a volte esperite come ‘’vibrazioni’’. Il piacere musicale è strettamente correlato all’intensità dell’attivazione emotiva. La musica non ha lo stesso chiaro vantaggio di sopravvivenza associato al cibo o al sesso e non mostra neanche le proprietà additive associate alle droghe d’abuso. Nonostante questo, la “persona media’’ spende una considerevole quantità di tempo ascoltando la musica, ritenendola una delle attività più piacevoli nella vita (Dubè, Lebel, 2003). È per questo che i progressi neuroscientifici hanno attribuito alla musica la capacità di influenzare gli stessi sistemi neurochimici di ricompensa al pari di altri stimoli rinforzanti. In questo ambito sono state utilizzate delle tecniche di neuroimaging per indagare l’attivazione funzionale, la connettività di rete e il rilascio di dopamina durante la percezione di musica piacevole. Rispetto alla musica neutra, la musica che induce brividi è stata associata ad un significativo aumento del flusso sanguigno all’interno di strutture cerebrali che comprendono il sistema meso-cortico-limbico e che sono cruciali per la ricompensa e il rinforzo, come lo striato ventrale (incluso in nucleo accumbens) e il mesencefalo, così come il talamo, il cervelletto, il lobo dell’insula, la corteccia cingolata anteriore e la corteccia orbitofrontale. Inoltre ascoltare la musica sembra che abbassi i requisiti di narcotico nel dolore postoperatorio, il che suggerisce che la musica può stimolare il rilascio di peptidi oppioidi endogeni all’interno del cervello (D. Levitin, 2005). Queste scoperte possono avere grandi implicazioni per la comprensione dei benefici psicologici e fisiologici dell’ascolto musicale e della Musicoterapia. Proponiamo che la musica offre un modo semplice ed elegante per indagare la base neurale dell’anedonia (la perdita di piacere nelle attività quotidiane) in diversi Disturbi Psichiatrici. Degli stimoli musicali specifici potrebbero essere utilizzati per indagare l’integrità del sistema della ricompensa mesolimbico e per esaminare se i deficit in queste regioni siano correlati con i sintomi clinici.
Per esempio, la Depressione è spesso accompagnata dalla mancanza di interesse negli stimoli piacevoli. La musica può essere utilizzata per indagare se c’è una risposta diminuita in questi soggetti nel NAc (Nucleo Accumbens), VTA (Area Tegmentale Ventrale), insula, ipotalamo, e nella corteccia orbitofrontale, regioni cerebrali chiave coinvolte nell’influenza dell’elaborazione.
I potenziali effetti terapeutici dell’ascoltare musica sono stati largamente attribuiti alla sua abilità di ridurre lo Stress e modulare i livelli di arousal. In particolare la musica rilassante (definita generalmente con tempo lento, toni bassi, assenza di testo) riduce lo stress e l’Ansia in soggetti sani (Dileo, Bradt, 2007), pazienti che stanno per sottoporsi ad una procedura invasiva (es. chirurgia), e pazienti con malattie alle coronarie (Bradt, Dileo, 2009). Ascoltare musica in seguito a procedure mediche dolorose riduce inoltre la sedazione, così come il dolore e i requisiti analgesici, nonostante le dimensioni dell’effetto siano ristrette (Henriksen, Willoch, 2008). Questi effetti sono convenzionalmente considerati dovuti all’abilità della musica di distrarre o modulare lo stato d’animo. Gli effetti della musica rilassante sono stati indagati anche sui livelli degli ormoni dello stress lungo l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) in soggetti sani a riposo, in combinazione con l’immaginazione e durante lo svolgimento di compiti stressanti. Una forma di Musicoterapia, che combina tecniche rilassanti e ascolto di musica classica, chiamata Musica e Immaginazione Guidata (Guided Imagery and Music – GIM) è stata definita responsabile di una riduzione dell’attivazione dell’asse dello stress HPA (McKinney et al. 1997a, 1997b).
Oltre allo stile musicale, le dimensioni di personalità sono fattori importanti che mediano le risposte fisiologiche dello stress alla musica. Questo aspetto è stato approfondito da Chamorro – Premuzic e Furnham (2007) e da Rentfrow (2011) i quali suggeriscono che le differenze individuali nella personalità e i tratti cognitivi influenzano le risposte psicologiche e fisiologiche a differenti tipi di musica. Il sottofondo musicale, per esempio, causa interferenze più ampie con i processi cognitivi negli introversi rispetto agli estroversi. Un meccanismo proposto per l’abilità della musica di regolare stress, arousal, e emozioni, è che essa avvia risposte riflessive nel tronco dell’encefalo (Juslin, Vastfjall, 2008). La musica modula i parametri mediati dal tronco dell’encefalo, come la frequenza cardiaca, il battito, la pressione sanguigna, la temperatura corporea, la conduttanza della pelle e la tensione muscolare. La musica stimolante sembra produrre un incremento nei parametri cardiovascolari, mentre la musica rilassante produce una loro riduzione. Questi effetti, dunque, sono largamente mediati dal tempo: la musica lenta e le pause musicali sono associate con una diminuzione nella frequenza cardiaca, respirazione e pressione sanguigna, e la musica più veloce è associata all’aumento di questi parametri. Questo ha senso, in quanto i neuroni del TdE (Tronco dell’Encefalo) tendono a scaricare potenziali d’azione in modo sincrono al tempo musicale.
La musica gioca un ruolo importante nella creazione di vincoli sociali. Un insieme di studi indica che i fattori sociali giocano un ruolo importante nella salute dell’uomo. Attività sincronizzate come la musica, il ballo e la marcia sono da tanto tempo conosciuti per favorire la connessione sociale, specificamente la fiducia interpersonale e il legame. Molte attività umane e animali sono ritmiche, incluso camminare, battere le mani, attività sessuale, e dondolare un bambino. Quando le attività ritmiche vengono eseguite da un gruppo di persone, tendono a sincronizzarsi, riflettendo una coordinazione sociale. L’ossitocina e la vasopressina – due neuropeptidi conosciuti per la regolazione del comportamento sociale – sono dei possibili candidati che mediano gli effetti sociali della musica. Tuttavia è stato indagato solo il ruolo dell’ossitocina nel contesto della musica – il ruolo della vasopressina e l’interazione tra i due rimane inesplorata (D.Levitin, 2005).
Anche il sistema immunitario risente dell’effetto della musica. I fattori che più colpiscono il nostro sistema difensivo dall’attacco di patogeni e di agenti estranei sono lo stress e l’invecchiamento. È stato visto come la musica possa giocare un ruolo fondamentale nell’attenuare il naturale decorso della vita che porta ad indebolire le proprie difese. In questo ambito non è mai stata posta molta attenzione sullo stile di vita o sui fattori psicosociali che possono interferire con la salute dell’individuo, ma con l’emergere di una nuova prospettiva che vede una stretta correlazione tra stati emotivi e benessere psicofisico (in riferimento agli effetti scatenati dalla musica) è stato ampliato il campo di ricerca ottenendo risultati sorprendenti. Si tratta, infatti, di un ‘’effetto a catena’’: le emozioni o gli approcci quotidiani positivi, come essere ottimisti, tendono a mitigare gli effetti dello stress e dell’invecchiamento; dato che la musica riduce lo stress è possibile pensare ragionevolmente che sia un’ottima strada per migliorare le funzioni immunitarie (Koelsch, Stegemann, 2012).
La presenza della musica in tutti gli ambiti della vita dà un’idea della sua importanza e della sua capacità di estendersi a qualsiasi circostanza apportando effetti positivi.
La Ricompensa è un costrutto complesso che include stati motivazionali, predizione, comportamenti mirati, apprendimento per rinforzo, e stati edonici. La musica è al pari di altre ricompense, incluso cibo, sesso, droghe e abusi di sostanze, o è una cosa diversa? La musica ha il contrassegno di uno stimolo gratificante, inclusa l’abilità a motivare un individuo a imparare e impegnarsi in comportamenti mirati ad ottenere sensazioni piacevoli? La musica realizza questo effetto attraverso una rete neurale simile a quella di un altro stimolo gratificante? Le persone affermano che l’impatto emotivo e la regolazione emotiva sono due dei motivi per i quali ascoltano la musica. La musica può produrre sensazioni di intenso piacere o euforia in chi ascolta, a volte esperite come ‘’vibrazioni’’. Il piacere musicale è strettamente correlato all’intensità dell’attivazione emotiva. La musica non ha lo stesso chiaro vantaggio di sopravvivenza associato al cibo o al sesso e non mostra neanche le proprietà additive associate alle droghe d’abuso. Nonostante questo, la “persona media’’ spende una considerevole quantità di tempo ascoltando la musica, ritenendola una delle attività più piacevoli nella vita (Dubè, Lebel, 2003). È per questo che i progressi neuroscientifici hanno attribuito alla musica la capacità di influenzare gli stessi sistemi neurochimici di ricompensa al pari di altri stimoli rinforzanti. In questo ambito sono state utilizzate delle tecniche di neuroimaging per indagare l’attivazione funzionale, la connettività di rete e il rilascio di dopamina durante la percezione di musica piacevole. Rispetto alla musica neutra, la musica che induce brividi è stata associata ad un significativo aumento del flusso sanguigno all’interno di strutture cerebrali che comprendono il sistema meso-cortico-limbico e che sono cruciali per la ricompensa e il rinforzo, come lo striato ventrale (incluso in nucleo accumbens) e il mesencefalo, così come il talamo, il cervelletto, il lobo dell’insula, la corteccia cingolata anteriore e la corteccia orbitofrontale. Inoltre ascoltare la musica sembra che abbassi i requisiti di narcotico nel dolore postoperatorio, il che suggerisce che la musica può stimolare il rilascio di peptidi oppioidi endogeni all’interno del cervello (D. Levitin, 2005). Queste scoperte possono avere grandi implicazioni per la comprensione dei benefici psicologici e fisiologici dell’ascolto musicale e della Musicoterapia. Proponiamo che la musica offre un modo semplice ed elegante per indagare la base neurale dell’anedonia (la perdita di piacere nelle attività quotidiane) in diversi Disturbi Psichiatrici. Degli stimoli musicali specifici potrebbero essere utilizzati per indagare l’integrità del sistema della ricompensa mesolimbico e per esaminare se i deficit in queste regioni siano correlati con i sintomi clinici.
Per esempio, la Depressione è spesso accompagnata dalla mancanza di interesse negli stimoli piacevoli. La musica può essere utilizzata per indagare se c’è una risposta diminuita in questi soggetti nel NAc (Nucleo Accumbens), VTA (Area Tegmentale Ventrale), insula, ipotalamo, e nella corteccia orbitofrontale, regioni cerebrali chiave coinvolte nell’influenza dell’elaborazione.
I potenziali effetti terapeutici dell’ascoltare musica sono stati largamente attribuiti alla sua abilità di ridurre lo Stress e modulare i livelli di arousal. In particolare la musica rilassante (definita generalmente con tempo lento, toni bassi, assenza di testo) riduce lo stress e l’Ansia in soggetti sani (Dileo, Bradt, 2007), pazienti che stanno per sottoporsi ad una procedura invasiva (es. chirurgia), e pazienti con malattie alle coronarie (Bradt, Dileo, 2009). Ascoltare musica in seguito a procedure mediche dolorose riduce inoltre la sedazione, così come il dolore e i requisiti analgesici, nonostante le dimensioni dell’effetto siano ristrette (Henriksen, Willoch, 2008). Questi effetti sono convenzionalmente considerati dovuti all’abilità della musica di distrarre o modulare lo stato d’animo. Gli effetti della musica rilassante sono stati indagati anche sui livelli degli ormoni dello stress lungo l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) in soggetti sani a riposo, in combinazione con l’immaginazione e durante lo svolgimento di compiti stressanti. Una forma di Musicoterapia, che combina tecniche rilassanti e ascolto di musica classica, chiamata Musica e Immaginazione Guidata (Guided Imagery and Music – GIM) è stata definita responsabile di una riduzione dell’attivazione dell’asse dello stress HPA (McKinney et al. 1997a, 1997b).
Oltre allo stile musicale, le dimensioni di personalità sono fattori importanti che mediano le risposte fisiologiche dello stress alla musica. Questo aspetto è stato approfondito da Chamorro – Premuzic e Furnham (2007) e da Rentfrow (2011) i quali suggeriscono che le differenze individuali nella personalità e i tratti cognitivi influenzano le risposte psicologiche e fisiologiche a differenti tipi di musica. Il sottofondo musicale, per esempio, causa interferenze più ampie con i processi cognitivi negli introversi rispetto agli estroversi. Un meccanismo proposto per l’abilità della musica di regolare stress, arousal, e emozioni, è che essa avvia risposte riflessive nel tronco dell’encefalo (Juslin, Vastfjall, 2008). La musica modula i parametri mediati dal tronco dell’encefalo, come la frequenza cardiaca, il battito, la pressione sanguigna, la temperatura corporea, la conduttanza della pelle e la tensione muscolare. La musica stimolante sembra produrre un incremento nei parametri cardiovascolari, mentre la musica rilassante produce una loro riduzione. Questi effetti, dunque, sono largamente mediati dal tempo: la musica lenta e le pause musicali sono associate con una diminuzione nella frequenza cardiaca, respirazione e pressione sanguigna, e la musica più veloce è associata all’aumento di questi parametri. Questo ha senso, in quanto i neuroni del TdE (Tronco dell’Encefalo) tendono a scaricare potenziali d’azione in modo sincrono al tempo musicale.
La musica gioca un ruolo importante nella creazione di vincoli sociali. Un insieme di studi indica che i fattori sociali giocano un ruolo importante nella salute dell’uomo. Attività sincronizzate come la musica, il ballo e la marcia sono da tanto tempo conosciuti per favorire la connessione sociale, specificamente la fiducia interpersonale e il legame. Molte attività umane e animali sono ritmiche, incluso camminare, battere le mani, attività sessuale, e dondolare un bambino. Quando le attività ritmiche vengono eseguite da un gruppo di persone, tendono a sincronizzarsi, riflettendo una coordinazione sociale. L’ossitocina e la vasopressina – due neuropeptidi conosciuti per la regolazione del comportamento sociale – sono dei possibili candidati che mediano gli effetti sociali della musica. Tuttavia è stato indagato solo il ruolo dell’ossitocina nel contesto della musica – il ruolo della vasopressina e l’interazione tra i due rimane inesplorata (D.Levitin, 2005).
Anche il sistema immunitario risente dell’effetto della musica. I fattori che più colpiscono il nostro sistema difensivo dall’attacco di patogeni e di agenti estranei sono lo stress e l’invecchiamento. È stato visto come la musica possa giocare un ruolo fondamentale nell’attenuare il naturale decorso della vita che porta ad indebolire le proprie difese. In questo ambito non è mai stata posta molta attenzione sullo stile di vita o sui fattori psicosociali che possono interferire con la salute dell’individuo, ma con l’emergere di una nuova prospettiva che vede una stretta correlazione tra stati emotivi e benessere psicofisico (in riferimento agli effetti scatenati dalla musica) è stato ampliato il campo di ricerca ottenendo risultati sorprendenti. Si tratta, infatti, di un ‘’effetto a catena’’: le emozioni o gli approcci quotidiani positivi, come essere ottimisti, tendono a mitigare gli effetti dello stress e dell’invecchiamento; dato che la musica riduce lo stress è possibile pensare ragionevolmente che sia un’ottima strada per migliorare le funzioni immunitarie (Koelsch, Stegemann, 2012).
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