La depressione e il meccanismo circolare dei pensieri negativi
A cura di: Dott.ssa Mariangela Lovecchio
In collaborazione con Dott. Klodian Naci
“La ruminazione rappresenta uno stile cognitivo associato al mantenimento di emozioni negative e caratterizzato da pensieri ripetitivi, focalizzati sui propri sintomi e sulle loro conseguenze”.
(Susan Nolen-Hoeksema, 1991)
La depressione è un disturbo molto diffuso ed in costante aumento nella popolazione, conosciuto per la sua sintomatologia invalidante associata a sensazioni di perdita, vuoto, emozioni negative, umore triste o irritabile. Questa patologia psichica comporta dei cambiamenti fisiologici, come l’alterazione del ritmo sonno-veglia e la diminuzione o l’aumento dell’appetito; sintomi fisici come mal di testa, tachicardia e dolori articolari e sintomi cognitivi, come difficoltà di concentrazione, perdita degli interessi e pensieri negativi riguardo sé stessi, gli altri e l’ambiente circostante. In molti casi, il suicidio rappresenta un tema ricorrente dei pensieri negativi. I sintomi della depressione possono risultare pervasivi al punto tale da interferire in modo significativo col funzionamento personale, sociale e lavorativo, portando chi ne soffre ad un progressivo isolamento. Le cause sono molteplici e differenti per ogni individuo: da fattori psicologici e sociali a fattori biologici, fisiologici e genetici; questi rappresentano dei fattori di rischio per l’esordio della patologia, che può interessare qualsiasi età e manifestarsi in maniera acuta o cronicizzarsi. Negli ultimi anni, la ricerca si è focalizzata sull’individuazione dei fattori cognitivi ed emotivi che tendono a mantenere il disturbo depressivo: invece di soffermarsi solo sui contenuti del pensiero, molti autori hanno indagato il modo di pensare delle persone affette da depressione, individuando nella Ruminazione una componente fondamentale non solo per la cronicità della depressione ma anche per la ricaduta.
La ruminazione
Come teorizzato da Susan Nolen-Hoeksema (1991), la ruminazione è uno stile cognitivo di risposta alle difficoltà, caratterizzato da pensieri negativi ricorrenti, difficili da controllare e da allontanare, la cui frequenza è tale da occupare quasi interamente lo spazio mentale. I contenuti dei pensieri riguardano episodi negativi accaduti nel passato e il proprio stato attuale di sofferenza psico-fisica; in particolare, la persona che rumina tende a chiedersi il perché di ogni sua condizione. In altre parole, si tratta di una catena di pensieri che il ruminatore inizia a porre a sé stesso per gestire uno stato emotivo negativo; tuttavia, questa strategia di gestione emotiva adottata volontariamente, risulta essere controproducente e disadattiva proprio perché tende ad alimentare e mantenere lo stato emotivo negativo. Per tale ragione, questo meccanismo circolare del pensiero è implicato nel mantenimento del disturbo depressivo. Ad esempio: “sono un fallito” è un tipico pensiero negativo che intromettendosi nel flusso della coscienza, crea una discrepanza tra lo stato attuale percepito (sono un fallito) e lo stato desiderato (non voglio essere un fallito) . Per gestire tale discrepanza e regolare lo stato emotivo negativo elicitato, la persona cerca di rispondere a domande come “Perché faccio sempre gli stessi errori?”. Così facendo, egli pensa continuamente al proprio malessere cercando, in questo modo, di reagire allo stato interno. Tuttavia, la ruminazione che si è evidentemente attivata, non porta alla risoluzione dei problemi o alla corretta gestione dello stato interno, ma alimenta lo stato emotivo negativo. A sua volta, questo continua ad attivare la ruminazione, perché il soggetto è incapace di riformulare e disconfermare le sue credenze (Caselli et al., 2019).

Caratteristiche della ruminazione

La ruminazione depressiva è distinta in tre tipologie di pensiero: analitico, autocritico e controfattuale. La ruminazione depressiva di tipo analitico è caratterizzata dalla riflessione astratta sulle cause di un evento (per esempio: perché mi ritrovo sempre in queste situazioni? ), oppure può riguardare i propri sintomi (per esempio: mi sento sempre stanco, non riesco a concentrarmi). La ruminazione di tipo autocritico, invece, consiste nel giudicare sé stessi in maniera negativa, anche in relazione all’analisi di fatti accaduti in passato (per esempio: quello che ho fatto non è stato abbastanza, sono un fallito/ mi vedono tutti come un fallito). Infine, la ruminazione di tipo controfattuale riguarda la tendenza ad elaborare possibili scenari alternativi, rispetto a come gli eventi si sono realmente verificati (per esempio: se tornassi indietro mi comporterei in un altro modo oppure se le cose fossero andate diversamente…). Spesso le tre tipologie tendono a mescolarsi tra loro, infatti è frequente riscontrarle in un unico racconto. Inoltre, nelle sindromi depressive caratterizzate da sentimenti di rabbia, è possibile riscontrare la presenza della ruminazione rabbiosa, associata a ira e aggressività, in cui vi è la percezione di aver subito un’ingiustizia, un’offesa o una provocazione. Questa tipologia di ruminazione, tuttavia, è maggiormente correlata al disturbo borderline di personalità-DBP (Caselli et al., 2019).

E’ importante distinguere la ruminazione da altri costrutti simili, come il rimuginio: nonostante abbiano caratteristiche comuni, come la ripetitività dei pensieri e la pervasività, il rimuginio è uno stile di pensiero che differisce dalla ruminazione perché si focalizza su eventi di vita che devono ancora avvenire, su preoccupazioni e incertezze legate non solo ad avvenimenti futuri, ma a minacce ipotetiche che non si realizzeranno mai e che possono riguardare la salute, il lavoro e le relazioni. Anche il rimuginio è una strategia di regolazione emotiva, associata però ai disturbi d’ansia.
Il ruolo delle credenze metacognitive nella ruminazione depressiva
La ruminazione è sottesa da alcune convinzioni soggettive relative alla sua funzione, note come credenze metacognitive e distinte in positive e negative; quelle a valenza positiva riguardano il vantaggio o il beneficio di rimanere coinvolti nell’attività ruminativa. Le metacredenze a valenza negativa, invece, riguardano la pericolosità e l’incontrollabilità dei propri pensieri. Alcuni esempi di credenze metacognitive positive riguarda il ritenere la ruminazione utile a capire sé stessi, a non illudersi o a trovare soluzioni per il solo fatto di aver pensato e analizzato i propri problemi così tanto. La ruminazione percepita come un pericolo o come un’anomalia genetica trasmissibile sono esempi di metacredenze negative. Buona parte della formazione di tali credenze metacognitive è imputabile a modelli e costrutti socio-culturali.
Strategie ed interventi per migliorare la tendenza alla ruminazione
Ci sono diversi trattamenti che nel corso degli anni si sono mostrati efficaci sia nel ridurre l’attività ruminativa che nel migliorare gli altri sintomi della depressione. Molte evidenze sperimentali hanno dimostrato che brevi periodi di distrazione possano migliorare l’umore, la qualità dei pensieri ed anche le capacità di problem solving. Gli interventi di Riattivazione comportamentale consistono proprio nell’insegnare ad impegnarsi in attività piacevoli o neutre, come ad esempio fare sport; quando ci si trova intrappolati nella catena di pensieri negativi, questo tipo di strategia comportamentale, seppur a breve termine, può migliorare l’umore. Questo perché la riattivazione comportamentale agisce sul ritiro e l’inattività, che sono peculiari nel disturbo depressivo. Migliorata la flessione dell’umore, sarà possibile concentrarsi sulla rivalutazione delle situazioni che hanno generato lo stato depressivo. In questo senso, la terapia cognitivo-comportamentale mira a individuare e modificare il contenuto dei pensieri negativi, degli schemi mentali tipici della depressione e delle credenze limitanti: le tecniche cognitivo-comportamentali insegnano a non considerare più i propri pensieri come verità assolute, riformulandoli e sostituendoli con pensieri più adattivi e razionali. L’approccio cognitivo-comportamentale basato sulla ruminazione è direttamente rivolto al trattamento della ruminazione depressiva; le tecniche di analisi funzionale mirano ad aiutare le persone a riconoscere i segni pericolosi della ruminazione per spostarsi verso modalità di pensiero più utili e funzionali. Inoltre, attraverso tecniche di imagery e strategie basate sulla riattivazione comportamentale, le persone vengono guidate ad adottare uno stile di pensiero più concreto. L’Acceptance and Commitment therapy invece, è basata sulla modificazione della relazione che le persone hanno con i propri pensieri disfunzionali e le proprie emozioni negative. Anche gli approcci basati sulla Mindfulness hanno mostrato importanti risultati, in particolare nella prevenzione delle ricadute.

Infine, può capitare a tutti di ruminare un po’ quando si è tristi; questo non significa essere dei ruminatori, così come può capitare a tutti di sentirsi senza energie e giù di morale; ciò non costituisce una diagnosi di disturbo depressivo. Le componenti che caratterizzano una condizione patologica e la distinguono da una che non lo è, riguardano la pervasività, l’intensità e la rigidità degli stili di pensiero, di credenze e stati emotivi negativi. In ogni caso, rivolgersi ad un professionista competente ed affidabile è la scelta migliore per il proprio benessere psicologico.
Bibliografia:
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- Caselli, G., Ruggiero, G. M., Sassaroli, S. (2019). Rimuginio. Teoria e terapia del pensiero ripetitivo. Raffaello Cortina Editore.
- Caselli, G., Giovini, M., Giuri, S. Rebecchi, D. (2011). Psicopatologia cognitiva della ruminazione: una rassegna. Psicoterapia cognitiva e comportamentale. Edizioni Erikson, Trento.
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- Spinhoven, P., Klein, N., Kennis, M., Cramer, O. J. A., Siegle, G., Cuijpers, P., Ormel, J., Hollon, S. D., Bockting, C.L. (2018). The effects of cognitive-behavior therapy for depression on repetitive negative thinking: A meta-analysis. Behaviour research and therapy, 106.
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